Ricordi

Ci hanno definiti eroi. Due anni di navigazione imbarcando acqua, provviste sempre più scarse, mani tagliate da corde strappate. Mi son sentita tutto tranne che un eroe. Ancora oggi, quando passo dal DH oncologico, il rumore delle pompe in allarme, mi fa accapponare la pelle. Mi son sentita impotente. La carta di navigazione lacerata dalle lacrime mentre anche il buio divorava le ultime stelle. Quando il caldo insopportabile riempiva di vapore la visiera, una mia collega doveva pulirla perché i miei occhi vedevano più niente. I miei occhi…

Essi erano mezzo vitale di comunicazione. Con quelli ho inventato e scritto un nuovo alfabeto fatto di sguardi che abbracciavano, che sorridevano, che compativano. Non ho mai pensato di lasciare la professione. Ma ho pensato, quasi tutti i giorni, di non farcela. Che ne sa la gente di tutte le mie lacrime? Della paura che i miei genitori si ammalassero ed al telefono, poi, la rianimazione chiedesse l’età con la risposta che non c’era più posto? Ed allora certi rumori, certi ricordi, certi odori, abitano lì. Tra l’anima ed i polmoni rattoppati che hanno cercato aria, anche per chi esalava l’ultimo fiato.