Provarci sempre…

Sono sulla Sala dell’Orl.

Oggi strumento. Mi lavo le mani, le braccia. Con la spazzolina monouso imbevuta di disinfettante. La parte spugnosa accarezza le mani, le setole più rigide, vengono passate invece tra le unghie.

Come sempre. Un gesto che ripeto da tanti, tanti anni.

Spesso il lavello di acciaio, diventa il silenzioso ascoltatore di pettegolezzi, di confidenze, di battute tra me e le mie colleghe. È quasi un rito propiziatorio. Qualche risata per affrontare l’intensità del giorno.

Entro in Sala con le braccia gocciolanti. Prendo le salviettine sterili e mi asciugo. Dal basso verso l’alto. Indosso il camice sterile e la mia collega lo lega dietro.

Infilo la sacca sterile sul carrello servitore e vi predispongo gli strumenti,  per l’asportazione delle adenoidi, ad un bambino. È un gioco da ragazzi. Pochissimi ferri.

L’apribocca. L’aspiratore e la cannula. La pinza per i tamponi. Un paio di adenotomi, per grattare. Una ciotola con acqua e H2O2 ( acqua ossigenata), una siringa ed un paio di telini sterili per avvolgere la testa e coprire il corpo. Tamponi di garza di diverse misure.

Entra l’anestesista e mi dice che ci sarà da aspettare. Il bambino fa i capricci.

Copro il mio carrello con un telo grande, sterile, mi spoglio.

Mi dirigo in corridoio e vedo, attraverso la vetrata, che il bimbo sta stringendo la mamma con forza.

Non avendo altro da fare, vado da loro. Son presenti un paio di mie colleghe.

Il piccolo paziente si chiama Nadir. Sette anni. Molto magro. Indossa un camice bianco, dal quale spuntano un paio di pantaloni del pigiama, con stampato Batman.

La barella è appoggiata al muro. Lui è in piedi, appiccicato alla mamma. Non gira nemmeno la testa.

Anna e Giorgia mi dicono che non c’è nulla da fare. Neanche l’intramuscolo. Non riescono ad avvicinarsi che si mette ad urlare. Neanche la suppostina in pediatria, son riusciti a mettere.

L’anestesista inizia a spazientirsi. La mamma comprende poco l’italiano. Ma il bambino, capisce e lo parla. Ed al nostro ” Dai, sali sulla barella”, risponde con un no deciso scuotendo la testa più volte.

Mentre l’anestesista va via, si riprova l’arte della persuasione che fallisce miseramente. Anzi, si aggrappa ancor più alla sua mamma.

Mi inginocchio davanti a lui.

” Ascolta. Vedo che capisci. Io non dico bugie. Se provi a metterti sulla barella, non ti mettiamo nessun ago”. Lui guarda la flebo appesa e mi fissa. Dico ad Anna di toglierla.

Lo rassicuro. ” Ti addormentiamo in Sala con la mascherina dell’areosol. Lo hai mai fatto?”.

” Sì. Quello non mi fa paura”.

” Ecco. Bene. Dai, sali sulla barella”.

Mentre sta salendo, proseguo” La mamma non può entrare però. Ci saremo noi vicino a te”.

Inizia ad urlare e torna vicino alla porta tirando accanto, nuovamente, la madre.

Torna il medico e dice alla mamma, che se continua così, non verrà operato.

Lo inseguo.

Ma dai? Accettare la sconfitta? Non è da me. È l’ultimo paziente della lista Operatoria. Sì, è vero, siam tutti stanchi.

Ed allora? Questo intervento dura poco.

Chiedo all’anestesista se possiamo provare a somministrare le gocce di Midazolam, per via orale. Mi guarda perplesso.

Mi risponde” E va bene. Ma ti concedo venti minuti. Se non le prende , stop. Torna in stanza”. Anche il chirurgo è d’accordo. Ha visto come sono andate le cose e non nutre alcuna speranza.

Vuoto nel bicchierino di plastica la fialetta con poca acqua. E vado da Nadir. È in piedi.

Gli sto dando il bicchierino ma ho un dubbio. E se dico che c’è solo acqua e poi il liquido ha un cattivo sapore? Non lo so. Nessuno sa che sapore abbia questa fiala che solitamente somministriamo per via endovenosa.

Mi gioco il tutto per tutto. Non posso perdere la sua fiducia. Ci guardiamo.

” Nadir. Qui dentro ci sono delle gocce e dell’acqua. Ti faranno venire un po’ sonno. Devi berla. ”

” No. Non voglio “.

Sento le mie colleghe sospirare. Mi sussurra Giorgia ” Ma non potevi dirgli che è solo acqua?”

Ecco. Ho perso.

Ma poi mi viene un’idea.

” Ora lo assaggio io”. Mi metto il bicchierino alla bocca e bevo un sorso di liquido.

Che cavolo! È amarissimo. Che schifo. A stento riesco a non fare una smorfia. È disgustoso.

Continuo” Sai cosa faccio? Siccome è un po’ amaro, vado a prendere una bustina di zucchero “.

Torno. Davanti a lui, ne vuoto metà nel bicchiere. Mescolo col cucchiaino. Speriamo bene.

Mi fissa. Glielo passo.

Lo prende. Trattengo il respiro. La mamma mi guarda e fa cenno di sì con la testa.

Beve. Chiedo se sale sulla barella. Nulla da fare.

Dico alle colleghe di lasciarli soli.

Controlliamo dal vetro. Lui controlla noi. Vedo che inizia a rilassarsi.

Torno di là del vetro. Inizia a rallentare il riflesso di apertura/chiusura delle palpebre.

Dico alla mamma di prenderlo in braccio ed appoggiarlo sulla barella.

Non oppone resistenza.

La testa pian piano, ciondola.

Mi avvicino. Gli prendo la mano. ” Nadir, dai un bacio alla tua mammina. Andiamo a fare l’areosol” Mentre gli faccio faccio vedere che tra le mani, non ho alcun ago.

Vengono anche le mie colleghe e lo portiamo in Sala.

Lo mettiamo sul letto operatorio.

Si siede. Gli faccio vedere la mascherina trasparente. Gli mostro come la metto. Oppone ancora resistenza. Dico che deve sdraiarsi. ” No. Non mi sdraio. A casa mia, lo faccio seduto!”.

Il chirurgo e l’otorino mi guardano . Se potessero, mi manderebbero a quel paese. All’istante.

Sta seduto. Provo a mettergli la benedetta mascherina. Ok. Mi prende le mani, tra le sue. Non le molla. Il medico inizia ad insufflare i gas anestetici.

” Tranquillo, Nadir. Non ti mollo. Sono qui. Respira bene a bocca aperta. Bravo, così. Forte. Quando ti sveglierai, sarò accanto a te. Non preoccuparti “.

Lentamente, lo facciamo sdraiare.

È fatta.

Ho vinto.

Abbiamo vinto. Insieme.

Ci abbiamo provato. La tenacia è stata nostra alleata.

Iniziamo.

Sinceramente?

Ho sudato sette camicie. Ci son stati istanti che avrei mollato. Mi sono presa la responsabilità, il dovere, di affrontare un percorso, senza meta certa.

Bisogna avere coraggio.

Sempre.

Mollare sarebbe così facile.

Ma è sfidare anche noi stessi che ci consente di crescere. Di migliorare.

Di diventare persone che la sera, guardandosi allo specchio, possono sorridere.

A se stesse.

A Dio.

85 pensieri riguardo “Provarci sempre…

  1. Ciao, ti leggo per la prima volta oggi che è la festa della mamma. Scalda il cuore sapere che esistono persone come te, specialmente negli ospedali e, specialmente così sensibili, persone che non si arrendono mai, nemmeno quando la stanchezza fisica e lo stress della giornata prendono il sopravvento. Grazie, grazie davvero per quello che fai e per come sei.
    Grazie per essere avermi letto, sei la benvenuta.

    Lorenza

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  2. Ecco! Vedi che ho ragione quando dico che sei speciale? Certo sei umana, sette camicie è giusto averle sudate, ma i traguardi della vita arrivano proprio con il sudore, quelli che arrivano con il profumo spesso hanno risvolti di cui è meglio non parlare.
    Dio è con te, Lui ti ha scelto perchè tu facessi questo mestiere.
    Ti abbaccio e sappi che il mio cuore è sempre con te. Non sai quante volte ti ho pensato in questi giorni, porto mio suocero in ospedale per controlli e a volte vedo il personale diciamo non proprio come dovrebbe essere…e ti penso, e proprio sabato mentre dico”Ci vorrebbe Dina” mi arriva un’infermiera davvero speciale, una persona stupenda. Ora mia mamma (87) anni dovrà fare una gastroscopia, ecco mi auguro che troveremo “Dina”.

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    1. Wow!
      Mi stai emozionando. Tantissimo!
      Che belle parole…
      Vedi?
      Sperare ! Sempre!
      Lo so…capita che il personale sanitario sia superficiale di sentimenti. Poco empatico.
      Son stata anch’io dall’altra parte. Mi mette una tristezza tale…
      Spero che troverai chi vi supporterà con sapere, con sensibilità e con delicatezza.
      Spero che la gastro, vada bene.
      Un bacione con abbraccio connesso, carichi di affetto.
      ❤️

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    1. 🤣🤣🤣Beh…sinceramente, ad un certo punto, mi stavo arrendendo.
      I medici arrabbiati , la mamma che capiva poco , il bambino che non cedeva, mi sentivo stretta in un angolo.
      Pensavo che nulla potesse far cambiare al piccolo, idea.
      È andata bene.
      ❤️

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  3. Forse ti commuovi perché sei estremamente sensibile.
    Io lo faccio spessissimo.
    Ma non me ne vergogno. Assolutamente!
    Guai, se non mettessi sempre i miei sentimenti, in tutto ciò che faccio.
    Specie sul lavoro.
    Lì, non lesino nulla.
    Mi piacerebbe che i pazienti, una volta usciti dalla Sala Operatoria, un giorno, ripensando a me, sorridano con affetto.
    Grazie Patrizia per le tue splendide parole.
    ❤️

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    1. È vero!
      Bisogna sfruttare ogni risorsa. Anche quella che sembra andare contro ogni logica.
      Puro istinto.
      E quello spesso, è la strada da seguire.
      Grazie del tuo commento.
      Buona giornata

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    1. Sei gentilissima!
      Ciò che scrivo è anche un incoraggiamento per chi spesso, nella vita, è tentato alla rinuncia.
      Perché gli ostacoli son numerosi, alcuni sembrano insormontabili. Ma non tutto è perso.
      Confidiamo nella speranza, nella tenacia.
      Forse, ne nascerà qualcosa di buono.
      Grazie ancora!

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  4. Difficile rapportarsi ai bambini in un ambiente simile. Difficile rapportarsi con i genitori, spaesati impauriti diffidenti. Difficile per tanti ma non per te. Non per il tuo cuore,per la tua esperienza, per la tua tenacia. Perché hai detto bene, mai arrendersi, la vita ci dona sempre una chance. Per quel bambino sei stata tu. ❤️

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    1. Forse mi ha inventata Archimede, l’amico di Topolino🤣🤣🤣, su suggerimento del suo fidato collega Eta Beta.
      A parte gli scherzi, tu sai sempre prendere il mio cuore tra le tue dolci parole.
      Grazie Asia.
      Buona giornata❣️

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  5. L’operazione alle tonsille è stata la peggiore in assoluto. Mezza sveglia, in braccio all’infermiere, una morsa in bocca ed il dolore. Mi divincolavo con tutta la mia forza. Per anni ho odiato entrare nelle lavanderie perché l’odore degli smacchiatori mi ricordava l’etere.

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    1. Sì, hai ragione.
      Anche l’odore dei gas anestetici, è molto simile a quello del lavaggio a secco delle lavanderie.
      Appena ho iniziato a lavorare in Sala Operatoria, è stata una delle cose che più mi ha impressionato.
      Forse perché avevo di zie, proprietarie di una lavanderia, che da piccola, bazzicavo con piacere.
      Un tempo l’intervento lasciava un pessimo ricordo a tutti.
      Anche l’otorino, col quale talvolta lavoro, ci ha raccontato la su anche terribile esperienza.
      Grazie di esser passata.
      ❤️

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  6. Tutti i Nadir del mondo, senza distinzioni di ceto appartenenza religione e colore, dovrebbero avere il fato benevolo d’imbattersi in un Angelo Creativo e inventivo come Te, una “mamma”, capace d’allentare le resistenze e le diffidenze dei piccoli, i pregiudizi dei grandi. E quel tuo istinto “animale” all’accudire a risolvere al tentare al non mollare, quello che la sera Ti consente fiera di guardarti allo specchio, conscia che non hai fatto solo quello che si poteva e doveva fare, ma molto di più, che Tu lo sai, non basta mai. Nella Tua missione (che chiamarer lavoro sarebbe riduttivo) sai bene che bisogna mettere in conto anche le eventuali dolorosissime sconfitte, (che anche quelle, senza far spettacolo col dolore ci hai narrato) ma che non sono non saranno mai in grado di limitare sminuire l’entusiasmo e la dedizione che poi Ti accompagneranno nella nuova battaglia, in quella “guerra”” che ha come scopo il sanare il guarire, ridonare sorriso ai pazienti e ai loro cari, e credibilità e fiducia. Tu non hai un ruolo hai appunto una missione, talvolta un’utopia, Ti soccorre quel “talento” che tutti dovrebbero avere nello svolgimento di un lavoro tanto delicato.
    Ciao Meravigliosa Dispensatrice…ammirato

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    1. Mi associo a questo commento così bello che rispecchia tutte le parole che sento dentro e che non sono stata capace di dirti. Le ho trovate pronte e le faccio mie. Aggiungo che sei la PAZIENZA, il CORAGGIO, la TENACIA personificate. Oggi il vangelo parlava di dare la vita e tu lo fai ogni giorno :DAI LA VITA.

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    2. Risposta a “ Lamorteelafanciulla.( non capisco perché il commento finisca qui sotto)☺️
      Mi lasci sempre senza parole.
      E credimi.
      Non è facile.
      Affatto!
      Tu ricami poesia, cuci perle preziose, aggiungi raffinati merletti e impreziosisci questa casetta.
      Leggo e rileggo, con avidità ciò che scrivi.
      Nulla mi deve sfuggire.
      Mi diletto fra l’effetto balsamico e nutriente delle tue parole.
      V’immergo il mio cuore.
      Grazie è riduttivo.
      Ma ti dono il mio abbraccio. Con slancio.
      Ed un sorriso emozionato.

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      1. Tu Dina, induci riflessioni profonde, che hanno sempre per sfondo la vita e la morte, le tratti con amore, ne fai una missione, insegni poi, ora la gioia, altre la tragica accettazione, ma solo quando tutto è stato esperito.
        ricambio il Tuo abbraccio slanciato
        m’illumino grato del Tuo sorriso emozionato

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  7. Avevo quattro anni quando mi operarono di tonsille e adenoidi. Ricordo bene che non fu un’esperienza facile: quando mi fecero l’anestesia iniziai a vedere tutto deforme, entrai come in un tunnel in cui l’infermiera mi spingeva e i medici aspettavano con sembianze spaventose. Anche ap risveglio vidi i miei genitori come in uno specchio deformante passeggiare preoccupati: la dimensione intermedia mi impediva di parlargli. Momenti eterni per un bambino, almeno Nadir ricorderà te e la tua gentilezza.

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    1. Grazie Roberto per la tua testimonianza.
      Sì, in effetti, anni fa, era tutto molto diverso. Meno male che la tecnologia e la ricerca, fanno passi da giganti.
      Ritengo fondamentale, per un bambino, il primo approccio con la Sala Operatoria.
      Condizionerà per sempre, altri eventuali vissuti ospedalieri.
      Basta così poco…
      Grazie ancora per il tuo commento.

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  8. Spiegami un po’ perché tu mi commuovi sempre!??
    Tu tocchi il mio cuore come pochi sanno fare.

    Il mondo dovrebbe essere pieno di persone così pazienti con i piccoli, chissà quanta paura aveva nel cuore…

    Anche Luca quando è stato operato aveva paura, tanta, ed ha trovato persone come te.

    Sei preziosa.

    Grazie ❤️

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    1. Forse ti commuovi perché sei estremamente sensibile.
      Io lo faccio spessissimo.
      Ma non me ne vergogno. Assolutamente!
      Guai, se non mettessi sempre i miei sentimenti, in tutto ciò che faccio.
      Specie sul lavoro.
      Lì, non lesino nulla.
      Mi piacerebbe che i pazienti, una volta usciti dalla Sala Operatoria, un giorno, ripensando a me, sorridano con affetto.
      Grazie Patrizia per le tue splendide parole.

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Grazie per il tuo prezioso tempo!